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Dal Corriere della Sera, 30 Ottobre 2008 Stop alle Intercettazioni

I gestori del 70% del servizio: fermi dal 1º dicembre. A rischio le indagini su casalesi e terroristi
Stop intercettazioni, lo Stato non paga
Gli amministratori delle tre aziende hanno consegnato mercoledì al ministero la loro lettera-ultimatum.
MILANO - C'è un debito: 140 milioni di euro. E un ultimatum per pagarlo: 1˚ dicembre. Il debitore è lo Stato e i creditori sono Research control systems, Area e Sio, le tre società lombarde che gestiscono in Italia oltre il 70% del mercato delle intercettazioni telefoniche e ambientali. Gli amministratori delegati delle tre aziende mercoledì erano a Roma, al ministero della Giustizia, per consegnare una lettera che spiega del loro «gravissimo dissesto finanziario» e che promette la paralisi delle inchieste nella maggior parte delle procure d'Italia. «Permanendo questa situazione del blocco dei pagamenti - c'è scritto nella lettera - i nostri servizi non potranno più essere garantiti a partire dal 1° dicembre».
Qualche esempio? Blocco delle intercettazioni per le indagini sul clan dei casalesi e quindi sugli uomini che hanno giurato vendetta contro lo scrittore Roberto Saviano. Se Area, Sio e Research control systems fra un mese premeranno il tasto «stop» sarà la fine per le registrazioni ordinate dai magistrati calabresi sulla 'ndrangheta del dopo-Duisburg. Sarà il fermo per le inchieste siciliane sui grandi latitanti della mafia e per quelle milanesi sulle infiltrazioni della criminalità organizzata nell'economia lombarda. Stop anche alle intercettazioni (volute dai magistrati di Firenze, Bologna, Torino, Milano e non solo) sul terrorismo islamico. Di fatto si bloccherebbero le indagini telefoniche, ambientali, gps, video, di tre quarti delle procure italiane e di quasi tutte le sedi di Direzione distrettuale antimafia. E per il momento niente fa pensare che la situazione potrebbe sbloccarsi.
«Da più di due anni - scrivono Andrea Formenti (Area), Roberto Raffaelli (Research control systems) ed Elio Cattaneo (Sio) - i pagamenti dei corrispettivi che abbiamo maturato subiscono ritardi o interruzioni che sono non più sostenibili e compromettono la nostra sopravvivenza: 140 milioni sono una cifra enorme - dicono - che abbiamo anticipato chiedendo soldi alle banche. Qui non c'è una situazione Alitalia, siamo aziende sane. Però ci manca la liquidità e 500 giorni di ritardo nei pagamenti sono troppi dato che lo Stato è il nostro unico cliente». Con quell'«unico cliente» le tre società hanno lavorato per le inchieste più importati dell'ultimo ventennio: dalla cattura di Provenzano all'omicidio D'Antona, dal caso Biagi all'uccisione del piccolo Tommy, da Calciopoli alle indagini di Woodcock.
I problemi sono cominciati a luglio del 2006. Il decreto Bersani stabilì che non fossero più le Poste ad anticipare le spese delle procure per poi rivalersi sul ministero della Giustizia. Da allora in poi si decise che i servizi «di ausilio alle indagini», quindi anche le intercettazioni, fossero liquidati direttamente dalla Banca d'Italia, di certo più lunga nel saldare i conti. «In questa storia ci sono paradossi a non finire», lamentano i tre amministratori delegati. «Per esempio: il 30 novembre ci toccherà pagare le tasse su entrate che non abbiamo mai visto. La sola cosa che ci pare di aver capito negli incontri avuti a Roma è che si tenderà a stabilire un budget per le spese di giustizia. Ma è possibile fissare cifre su una materia come la giustizia?». Per ora la sola cifra certa è quella del debito, alla quale andrebbero sommati almeno altri venti milioni di interessi maturati in 21 mesi. Sio, Research control systems ed Area occupano trecento persone: ingegneri, esperti di informatica, elettronica e telecomunicazioni, teoricamente tutti posti di lavoro a rischio. Nel settore si calcola siano un migliaio gli addetti e, contando i debiti accumulati dallo Stato anche con le altre aziende, si arriva alla quota record di 300 milioni di euro.

Giusi Fasano